paragrafo secondo

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Ho creduto di dovere oggi risalire fino a quelle premesse filosofiche allo scopo di collocare la rappresentazione della società che ho elaborato da novembre nel corso delle sei conferenze che ho già tenuto. Nulla di più estraneo ad una simile rappresentazione che l’insieme di nozioni affrettate e brevi sulle quali sono costruiti i giudizi sulla società contemporanea, ossia per noi sull’essenziale della vita. Vorrei anche insistere su questo punto con una certa brutalità. Delle due l’una: se ammettete le rappresentazioni che introduco, bisogna respingere in blocco tutti i principi che avete accettato per il solo fatto che parlate coi vostri contemporanei e che leggete i loro giornali; se continuate a subire tali principi, è sempre in blocco che dovrete respingere ciò che dico. Senza dubbio è conforme alle abitudini dello spirito umano pensare senza prendersi responsabilità delle conseguenze del proprio pensiero. Ma nel caso presente, le conseguenze non possono essere rimandate ad un qualche domani. Se la società è animata da un movimento d’insieme distinto dalla somma dei movimenti di ogni parte, l’unico studio consistente della società è quello che considera essenzialmente il suo movimento d’insieme. Se, invece, un tale movimento d’insieme non esiste, non rimane che ridere di me. E non ci sono vie di mezzo. Ho fatto l’esempio tipico dei movimenti d’insieme che animano degli elementi che compongono una unità, la vita che anima il nostro organismo. E la vita è chiaramente qualcosa che è o che non è: non ci possono essere vie di mezzo tra un uomo vivo e un uomo morto. E se c’è vita l’essenziale dello studio di un uomo vivo è lo studio di questa vita, ovvero dell’attività centrale: l’analisi dei processi cellulari, ad esempio la crescita dei capelli che non scelgo arbitrariamente, ma perché continua dopo la morte, l’analisi dei processi cellulari è senza alcun dubbio d’importanza secondaria. Molti individui si comportano in rapporto alla società con altrettanta indipendenza che un capello che sta crescendo sulla nostra testa: non sono i capelli che vi disturbano quando avete a che fare con uno dei vostri simili. Ma è più difficile sbarazzarsi di questi ostacoli immediati quando si tratta della società. Perché il nostro modo di percepire la società è tale che non ne vediamo mai altro che i capelli individuali. È comune riflettere su Adolf Hitler allo stesso modo che uno specialista del sistema pilifero riflette su un capello. Ma questo non comporta ancora che un inconveniente minimo in quanto Adolf Hitler è stato scelto tra 75 milioni di suoi simili e in quanto è situato al centro del movimento d’insieme di questa massa. L’errore inizia soltanto a partire dal momento in cui questo individuo che ne guida 75 milioni viene considerato come dotato d’una esistenza propria: che cosa sarebbe infatti l’esistenza stessa del Reichsführer se non fosse diventato l’espressione delle folle che gravitano attorno a lui? Non si tratta però, in questo caso, che di una confusione che non comporta necessariamente conseguenze pratiche. Così non è se si cerca di rappresentare l’esistenza sociale partendo da un uomo qualsiasi, da quello che possiamo chiamare l’uomo tra mille.