GEORGES BATAILLE
LA STRUTTURA PSICOLOGICA DEL FASCISMO
1990 (RISTAMPA 1996)
pagg. 93
(Traduzione di Andrea Chersi)
Pubblicato nel 1933, è uno scritto schematico, forse una traccia da sviluppare ed approfondire, ma ben compiuto in sé, con l'originalità propria del grande scrittore francese.
Preludio
La produzione di Bataille ora si ridesta in un lirismo impuro, poetico e lacerante, seguendo il desiderio dell'eterogeneità non come altro da sè, ma come realtà propria autentica e perduta; ora si appiana in un discorso meditato e composto che utilizza la ragione, come riflessione pacata sulla forma di quell'esperienza interiore. In qualsiasi modo letterario si esplichi, poesia o filosofia, la sua opera non è mai soluta dalla certezza del negativo, che emerge negli anfratti del livello cosciente ed operativo. Il negativo come eros, thanatos, desiderio, peccaminosità, lacerazione, appagamento mancato, può essere gustato perchè inerisce all'uomo sociale, perchè è in rapporto alla trasgressione dell'ordine in cui il soggetto è costretto. La coscienza e l'istanza sovrana del potere sono due aspetti essenziali per attingere a ciò che il destino umano vorrebbe dimenticare e che ha marchiato come proibito ed interdetto.
Nel testo qui presentato, Bataille concettualizza, non più attraverso storie poetiche insolite, ma ricorrendo a disgressioni speculative inerenti al fascismo, sui temi del negativo, compromessi con ogni forma di esistenza reale. Analizza la struttura della società, che definisce come tendenza all'omogeneo, al produttivo, come rifiuto palese dell'eterogeneità minacciante. Il discorso dell'omogeneità ricorda la teoria del "consensus" di Comte. L'eterogeneo è il negativo ed è il luogo carattertizzato dalla conflittualità ambivalente di desiderio-repulsione. Vede, quindi, due realtà, che concretizzano il disomogeneo, i leaders fascisti e le classi infime, ma che stanno in una differenza, quella stessa che separa puro/sacro da impuro/immondo. La sovranità, anzi, si esprime proprio nella chiara esclusione dell'abiezione ed ha con essa un rapporto di repressione.
Il mondo della miserabilità, a cui appartiene il movimento e la storia (Hegel sosteneva la stessa cosa nella dialettica servo/padrone) può agire in due direzioni: o tendendo a purificarsi, indossando un'uniforme, ossia compiendo scelleratezze in nome di un principio sovrano, oppure prendendo coscienza della possibilità della sovversione ed entrando in lotta con l'istanza del potere. La rivolta può accadere solo in una società oppressiva, in vere situazioni sovrane. Ma questo discorso di Bataille sul fascismo rimane una sua tentazione di legarsi a movimenti politici, in realtà è chiaramente impossibile, visto il mantenimento della dialettica hegeliana, in cui i termini si mutano solo reciprocamente, di uscire da una impasse: il negativo della coscienza sovversiva, una volta vincente, diventerebbe il positivo e ricomincerebbe il ciclo superato.
Ma ritorniamo un attimo al testo per vedere come si renda proponibile un fascismo. Secondo il nostro, in realtà storiche che presentano un'insufficienza sovrana si apre la via ad una autorità assoluta più che ad una gestione socialista. Se è vero che la democrazia storica, fantasma di se stessa, non permette gli scontri decisivi, è difficile giudicare proponibile la tesi che i meccanismi del potere, delle lotte di classe possano essere riconducibili con chiarezza al magmatico negativo freudiano. Il discorso di Bataille manifesta comunque una forte carica attrattiva, ma nel campo della tensione mantenuta e conosciuta tra disordine ed ordine, tra bourgeois e citoyen, tra soggetto e potere.
Laura Antichi