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Franck Pavloff - Mattino bruno

FRANCK PAVLOFF
MATTINO BRUNO

(traduzione di Andrea Chersi)

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Le gambe allungate al sole, non è che si parlasse davvero con Charlie, ci si scambiavano pensieri che ci frullavano nella testa, senza fare troppa attenzione a quanto l’altro raccontava da parte sua. Momenti piacevoli, in cui si faceva scivolare il tempo sorseggiando un caffè. Quando mi ha detto che ha dovuto fare sopprimere il suo cane, la cosa mi ha sorpreso, ma niente più. È sempre triste un cane che invecchia male, ma passati i quindici anni, bisogna farsi una ragione che un giorno o l’altro morirà.

- Sai, potevo mica farlo passare per uno bruno.
- Be’, un labrador, non è proprio il suo colore, ma che cosa
aveva, di malattia?
- Non è questo; il fatto è che non era un cane bruno, tutto
qui.
- Accidenti, come per i gatti, adesso?
- Sì. Uguale.

Per i gatti, lo sapevo. Il mese prima, avevo dovuto sbarazzarmi del mio, un mezzo randagio che aveva avuto la cattiva idea di nascere bianco, con una macchia nera.

È vero che la sovrappopolazione dei gatti diventava insopportabile e che secondo quel che dicevano gli scienziati dello Stato nazionale, era meglio conservare i bruni. Solo i bruni. Tutti i test di selezione dimostravano che quelli si adattavano meglio alla nostra vita urbana, che avevano figliate poco numerose e che mangiavano molto meno. Per me, un gatto è un gatto, e siccome bisognava pur risolvere il problema in un modo o nell’altro, vada per il decreto che stabiliva la soppressione dei gatti che non erano bruni.